Nei prodotti a base di carne si usano coloranti?

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La modifica del colore delle carni fresche e lavorate mediante l’uso di coloranti alimentari non è una pratica comune. Il modo abituale per dare un colore rosso attraente alla grande maggioranza dei prodotti a base di carne trasformati è la lavorazione con sale e piccole quantità di nitrito. Il principio di questa azione, fin dalle prime fasi operative (ad esempio preparazioni degli impasti o maturazione in zangola) non è la tintura del prodotto, bensì la reazione chimica del pigmento rosso del muscolo (mioglobina) con il nitrito. Il risultato è un colore rosso stabile che non si altera durante il riscaldamento e la conservazione. In alcune circostanze, in particolare nel caso di formulazioni scadenti con carne muscolare e quindi contenuti ridotti di pigmento muscolare, i produttori optano a volte per l’uso di coloranti alimentari per intensificare il colore del prodotto e di estensori o riempitivi di origine vegetale. I coloranti alimentari possono essere derivati da fonti naturali (ad esempio giallo-arancio e betacarotene da piante verdi, oleoresina rossa da paprika, colore rosso da succo di barbabietola rossa). Altri sono prodotti sinteticamente (anche il betacarotene deriva oggi principalmente da fonti sintetiche). Molti di essi sono limitati all’uso in particolari prodotti alimentari. A tutti gli effetti i coloranti rientrano nella categoria degli additivi alimentari, regolati all’interno dell’Unione Europea dal Regolamento (CE) n. 1333/2008 che ha istituito un elenco dell’Unione di prodotti autorizzati e dal successivo Regolamento (UE) n. 1129/2011 che ne ha modificato l’allegato II pubblicando integralmente le condizioni d’uso per categorie d’alimenti: i coloranti vengono indicati come numeri E che vanno dal 100 al 180 e per i prodotti a base di carne si fa riferimento alle condizioni d’uso indicate nella parte D ed E della categoria n. 8 “carne” del suddetto allegato. In generale vengono aggiunti agli alimenti per le seguenti ragioni: – per compensare perdite di colore dovute ad esposizione a luce, aria, umidità e variazioni di temperatura; – per migliorare i colori naturali; – per aggiungere colore agli alimenti che altrimenti ne sarebbero privi o che avrebbero un diverso cromatismo. Ogni colorante alimentare il cui impiego è autorizzato nell’Unione europea è soggetto a una rigorosa valutazione in termini di sicurezza da parte di EFSA. Le valutazioni del gruppo scientifico implicano un’analisi di tutti gli studi scientifici disponibili, nonché dei dati sulla tossicità e sull’esposizione umana, dai quali il gruppo di esperti scientifici trae conclusioni in merito alla sicurezza della sostanza. Dal 2009 al 2016 il gruppo degli esperti scientifici di EFSA ha riesaminato la sicurezza di tutti i coloranti alimentari autorizzati in precedenza, nell’ambito di un generale programma di analisi di tutti gli additivi alimentari in uso prima del gennaio 2009. Oltre alle considerazioni tossicologiche, si teme che le carenze qualitative e igieniche delle carni lavorate possano essere mascherate dai coloranti. Per questo l’impiego di tali sostanze nei prodotti a base di carne è ad ogni modo molto limitato ed è autorizzato solo per specifici prodotti, come riportato nell’allegato del regolamento. Oltre a non presentare rischi immediati per la salute, i coloranti alimentari devono soddisfare alcuni requisiti tecnologici se utilizzati nei prodotti a base di carne. Devono essere in qualche modo stabili al calore, almeno per resistere a temperature di pastorizzazione a circa 80°C. I colori non devono cambiare durante l’esposizione dei prodotti trattati alla luce o all’ossigeno, né devono essere influenzati negativamente da variazioni di pH.

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