Nuove fonti proteiche, ma i consumatori preferiscono ancora la carne

iMEAT Giornale Grill e BBQ
GRILL e BBQ, dalla griglia al barbecue e dintorni
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L’industria della carne può essere sostenibile?
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Giuseppe L. Pastori – Tecnologo Alimentare

Con l’autorizzazione degli insetti come nuovo cibo fonte di proteine si offre un’altra alternativa alla carne e si invoca per l’ennesima volta la fine degli allevamenti perché poco sostenibili per l’ambiente. Ma le alternative non sfondano, perché il gusto non è paragonabile e il costo elevato: e rimangono prodotti di nicchia.

Sebbene si amplino le possibilità d’uso di prodotti alternativi alla carne, che si parli di prodotti a base vegetale che richiamano nel nome la carne o delle nuove categorie di alimenti annoverati come novel food (come alcuni insetti già autorizzati o la carne coltivata), di proteine da funghi o microalghe, la carne continuerà ad essere il primo alimento proteico di facile assimilazione. Anzi, a detta della FAO [1] si stima che per sfamare la massa della popolazione umana entro il 2050 il consumo di carne aumenterà del 73% a livello mondiale, in funzione di una maggiore richiesta dei Paesi in via di sviluppo. Secondo i tecnici dell’Organizzazione, infatti, la carne aiuta la salute: piccole quantità di alimenti d’origine animale possono quindi migliorare lo stato nutrizionale delle famiglie a basso reddito. Perché carne, latte, uova e loro derivati forniscono proteine con una vasta gamma di amminoacidi e di micronutrienti come il ferro, lo zinco, la vitamina A, la vitamina B12 e il calcio, immediatamente disponibili e di cui le persone malnutrite sono carenti. Nonostante ciò, diversi istituti e ricercatori si sono spinti a fare previsioni diverse, affermando al contrario che nel 2050 saremo tutti vegetariani non solo per una scelta etica ma anche per la necessità di preservare il consumo delle risorse oggi usate nella produzione di alimenti di origine animale. Queste considerazioni arrivano da istituzioni private e lobby vegane, che hanno tutto l’interesse a dimostrare, a scapito dell’industria della carne, quanto i loro prodotti siano più salutari e incidano meno sul clima. In America aziende come Beyond Meat e Impossible Foods si sono spinte anche più oltre affermando che i prodotti plant based meat di matrice vegetale avrebbero soppiantato le vendite di carne entro il 2035. Purtroppo però sono già diversi anni ormai che, quando si parla di carne, l’aspetto nutrizionale è messo in secondo piano mentre l’argomento principale di discussione è prevalentemente focalizzato sull’impatto ambientale degli allevamenti. Questo corrisponde al vero, è inutile negarlo, tuttavia la narrazione che vuole imputare all’agricoltura e agli allevamenti le maggiori responsabilità per le emissioni di gas climalteranti, piuttosto che l’industria e i trasporti messi insieme, ha spinto per orientare l’opinione pubblica verso prodotti alternativi alla carne da allevamento come fonti proteiche parimenti equivalenti (anche se ciò non corrisponde completamente al vero). Questo presupposto che si fonda altresì su una crescente attenzione verso la salute, la sicurezza alimentare e la sostenibilità ambientale, è spinto agli estremi (almeno nei Paesi occidentali) da quelle organizzazioni che si richiamano ai principi del veganesimo, verso una dieta strettamente senza carni, spingendo soprattutto quelli che si dichiarano onnivori verso scelte alimentari più flessibili. […]

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